11 set 2019

I CREE DELLA BAIA DI JAMES

Entriamo a Chisasibi sotto un nevischio leggero. La strada sterrata corre tra due file di case di legno malandate e finisce su un grande piazzale costellato di buche, che accorpa tutti i servizi di questa cittadina di 4.000 abitanti, capoluogo dei Cree della Baia di James.
la piazza di Chisasibi
Il primo contatto è con una coppia di corpulenti poliziotti che, alla vista dei nostri fuoristrada equipaggiati come panzer, partono all’inseguimento. Quando sentono che siamo italiani, la loro fronte, sovrastata da uno scalpo corvino con capelli di un millimetro di diametro, si aggrotta per lo sforzo di capire di che cavolo di Paese si tratti. In ogni caso la loro è solo curiosità, non ci chiedono documenti e così come sono arrivati se ne vanno, senza un sorriso.
E’ ora di pranzo e ci infiliamo nell’unico ristorante, a menù fisso: vediamo arrivare una montagna di patatine e 4 bistecche T-bone di dimensioni devastanti. Osserviamo gli altri clienti del locale ingurgitare senza problemi le gigantesche porzioni, inondandole di salse varie.
I Cree soffrono purtroppo di un male che ne condiziona la vita: l’obesità. Come in un quadro vivente di Botero uomini, donne, vecchi e bambini hanno delle stazze abnormi. La causa di questo disastro è dovuta al fatto che dopo secoli di privazioni i Cree si sono trovati d’improvviso un'illimitata disponibilità di cibo che ha dato la stura ad una sorta di frenesia alimentare.

Dato che in paese c’è anche l’albergo, cediamo alle lusinghe del confort e prenotiamo due camere. Ci viene però sconsigliato di lasciare le macchine incustodite, perciò le parcheggiamo di fronte alla stazione di polizia. Forse c’è delinquenza minorile, visto il pattugliamento serrato degli agenti, ma a noi sembra tutto tranquillo: non si vedono neppure ubriachi. “Un indiano ubriaco è come una bomba innescata” ci aveva detto l’amico quebecois incontrato sul fiume Rupert. Ma a Chisasibi sembra che l’alcolismo sia un fenomeno sotto controllo. E questo anche grazie ad un check-point posto all’ingresso della città col compito di controllare che non vengano violate le norme della “Dry Reservation”.
L’indomani facciamo un giro a piedi e arriviamo allo spaccio alimentare. Molte persone stazionano lì intorno , così abbiamo modo di scambiare qualche convenevole con un anziano che ci viene descritto come lo sciamano del luogo.
olio su tela di Giovanni: sciamano in abiti moderni

olio su tela di Giovanni: una bella ragazza Cree
foto di bambino Cree
Proseguendo la passeggiata notiamo che molte case di Chisasibi hanno un teepee piantato nel loro prato. Da uno di questi esce una colonna di fumo e veniamo invitati ad entrare. Che spettacolo, e che profumino! Cinque enormi oche stanno sfrigolando sul fuoco, appese a lunghe corde fissate ai travi della tenda. Una donna anziana, semisdraiata su un letto di odorose fronde di pino, sorveglia la cottura, facendo roteare le oche su se stesse, per mezzo di un bastoncino”.

I Cree al tempo di Franklin
l'esploratore inglese John Franklin che, alla ricerca del fatidico passaggio a Nord-Ovest, intraprese nel 1820 una spedizione nell'interno del Canada, partendo dalla Baia di Hudson, li descrive così:
"I Cree sono volubili, indolenti, vanitosi e bugiardi, ma anche estremamente ospitali e tendenzialmente pacifici. A dispetto delle innumerevoli violazioni della proprietà perpetrate dai bianchi, i Cree rispettano rigorosamente quella altrui. Se si affida alla loro custodia una provvista alimentare, si può essere certi che verrà riconsegnata intatta. E ciò malgrado l'atavica fame cui sono soggetti. Tra i Cree vige una sorta di matriarcato. Le donne godono di grande considerazione e libertà ma, come spesso avviene nelle società tribali, devono sobbarcarsi i lavori più gravosi come l'erezione delle tende e la concia delle pelli. I genitori hanno per i figli una grande indulgenza, in particolare il padre, sempre pronto a soddisfare qualunque capriccio. La loro educazione, anche quella sessuale, si completa molto prima della pubertà e non vi è nulla che venga loro tenuto nascosto”.

La Nazione Cree, oggi


Il popolo Cree è sparso su un vastissimo territorio, che va dalle Montagne Rocciose all’Oceano Atlantico. Per questa ragione lo stile di vita e la storia delle varie tribù Cree differisce molto, pur mantenendo la stessa cultura e la stessa lingua. Sin dal secolo scorso i Cree hanno elaborato un originale sistema di scrittura, basato su semplici segni che, a seconda del loro orientamento, indicano vocali e consonanti. Questo alfabeto viene correntemente usato dai Cree per tutte le loro comunicazioni, dai cartelli stradali alle petizioni nei confronti del Governo.
bilinguismo in Nord-Quebec
cartello stradale "STOP"
Sin dalla creazione dello Stato Canadese il popolo Cree, come tutti gli altri aborigeni, ha dovuto subire soprusi, deportazioni ed espropri da parte dei bianchi.
Ma, a differenza di altri pellerossa, i Cree della Baia di James hanno avuto l’opportunità di fronteggiare l’intrusione dei bianchi, rivendicando la sovranità sui propri territori.
Ciò è avvenuto agli inizi degli anni ‘70, quando le industrie canadesi hanno rivolto il loro interesse ai territori del Nord per sfruttarne le ricchezze minerarie, idroelettriche e forestali.
I Cree hanno allora richiesto ed ottenuto la stipulazione di trattati che garantissero i loro diritti, almeno dal punto di vista economico. L’aumento della ricchezza pro-capite ha portato incremento di nascite ed evoluzione culturale: i Cree hanno ottenuto una grande autonomia per i programmi scolastici, che ora includono storia e tradizioni del loro popolo. L’insegnamento viene fatto in lingua Cree ed il francese o l’inglese sono considerati seconda lingua.
Grazie al numero, ai soldi e alla cultura, la Nazione Cree sarà una delle poche a sopravvivere e a prosperare anche in futuro.

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